Un po’ di Storia

Verso la metà del ‘500 molte famiglie patrizie veneziane decisero di investire le grandi ricchezze accumulate nei commerci con l’Oriente nella realizzazione di grandi imprese agricole da amministrare direttamente. Fu allora che i Corner, i Barbaro, i Badoer, gli Emo, i Grimani, i Foscari, detentori del potere economico e politico, ma anche grandi studiosi di filosofia e cultori d’arte, trovarono in Andrea Palladio il loro interprete ideale.
Nasceva così la Villa Veneta, una tipologia abitativa e produttiva assolutamente originale, che ebbe un grande successo poiché rispondeva nello stesso momento ad esigenze estetiche e funzionali. Essa recepiva alcuni caratteri morfologici e strutturali di derivazione romana imperiale che Palladio aveva potuto conoscere sui testi antichi e nei diversi viaggi a Roma in compagnia del suo pigmaglione, l’umanista Gian Giorgio Trissino.
Se la Villa quindi, fatto senza precedenti, assumeva forme di tempio classico, non dobbiamo tuttavia dimenticare che nell’età dell’Umanesimo il tempio non aveva tanto un significato religioso, quanto piuttosto la funzione di marcare una differenza culturale: i segni della classicità riassumevano un intero sistema di valori antropologici, etici ed estetici, basati sul sapere ereditato dai Greci e dai Romani e riscoperti dagli umanisti.
Ed ecco allora sorgere, accanto al corpo centrale destinato all’abitazione del signore, le tipiche barchesse, le stalle, le colombare, le abitazioni per i coloni.
Nell’arco di tre secoli varie centinaia di Ville furono edificate nella campagna dell’entroterra Veneto e lungo i principali corsi d’acqua, ma la nuova concezione socio economica testimoniata dalla Villa Veneta si diffuse ovunque, arrivando anche molto lontano e perfino nel Nuovo Mondo, nelle grandi piantagioni del Sud degli Stati Uniti d’America.
Oggi, percorrendo le strade del Veneto, capita spesso di incontrare qua e là Ville dall’inconfondibile impronta. La più nota tra queste è certamente Villa Barbaro, progettata ed edificata da Palladio nel 1560 a Maser nel Trevigiano per i fratelli Marcantonio e Daniele Barbaro, rappresentanti del ricco e colto mondo umanistico veneziano dell’epoca. Famosa universalmente per le meravigliose decorazioni a fresco eseguite da Paolo Veronese, annovera nel giardino Segreto diverse sculture di Alessandro Vittoria.

LA VILLA SECONDO IL PALLADIO

A pochi chilometri da Maser, a Fanzolo di Vedelago, troviamo un altro gioiello palladiano, Villa Emo, circondata da un grande parco e decorata interamente dagli affreschi di Giovan Battista Zelotti. Ancora abitata dalla famiglia Emo, anche questa villa è aperta al pubblico. Molto interessanti sono anche Villa Corner a Piombino Dese, realizzata con doppia facciata e prona a due ordini, fatto assai poco frequente tra le ville palladiane, per Alvise Corner; Villa Pisani a Bagnolo di Lonigo, nel Vicentino, caratterizzata dal portico a bugnato rustico che richiama quello di Palazzo Tè a Mantova; Villa Badoer a Fratta Polesine che, con i suoi due portici ad ala curva sui lati, produce un notevole effetto scenografico; per finire Villa Sarego a Santa Sofia di Pedemonte nel Veronese stupisce, invece, per la genialità dimostrata da Palladio nell’attuare soluzioni sempre originali, come l’inusitato ordine rustico gigante di ispirazione manierista. Celeberrima ed inconfondibile per le sue particolarità è senza dubbio la Villa Almerico Capra detta la Rotonda, opera della piena maturità di Palladio. La sua peculiarità più evidente è nella pianta, simmetrica su due assi ortogonali, come nella croce greca. La Villa presenta quattro facciate uguali, ognuna con un pronao esastilo in stile ionico. All’interno, una sala centrale a pianta circolare coperta da cupola raccorda le quattro ali dell’edificio.
Tutte le Ville palladiane furono realizzate nel terzo quarto del ‘500. In questa prima fase della diffusione della Villa Veneta, gli aspetti piacevoli della vita a contatto con la natura rimanevano in secondo piano rispetto alla scelta, tutta economica, di orientare gli investimenti verso un’agricoltura di tipo intensivo.
Successivamente, e con sempre maggiore decisione col passare dei decenni, la Villa prese ad assumere principalmente il carattere di “luogo di delizie” ed anche una specie di status symbol. La “villeggiatura”, cioè il soggiorno in Villa, che tendeva di norma a concentrarsi in coincidenza con i due principali periodi di raccolto dell’annata agricola: la mietitura, tra metà giugno e fine luglio, e la vendemmia, dai primi di ottobre a metà novembre, iniziò ad assumere nel ‘700, un carattere mondano e di distinzione sociale per la ricca borghesia veneziana, fregiatasi, nel frattempo, anche di titoli nobiliari. Questa moda, tipicamente veneziana, costituì la materia prima per quella Trilogia della Villeggiatura in cui Carlo Goldoni seppe magistralmente rappresentare l’evoluzione della società del suo tempo.
Le Ville si diffusero in tutto l’entroterra veneto lungo i corsi d’acqua, poiché questi costituivano allora la più comoda, sicura ed economica via di comunicazione. Il più famoso tra questi è certamente il Naviglio di Brenta che collega Venezia con la città di Padova, lungo il quale, tra il Cinquecento ed il Settecento, furono edificate varie decine di Ville, dando luogo a quel grande complesso idrografico, urbanistico e monumentale noto in tutto il mondo come Riviera del Brenta.
La concentrazione di Ville si fece tanto elevata da determinare una trasformazione radicale della fisionomia della riviera che divenne una sorta di naturale continuazione del Canal Grande. Molte di queste Ville, com’è ancor oggi visibile, richiamano caratteri tipologici e decorativi delle architetture veneziane, dotandosi delle strutture necessarie alla produzione agricola (stabbi, barchesse, colombare, ecc.). La facciata principale guardava sempre verso il canale, dove transitava il traffico commerciale e da diporto. Sul canale passava anche effettuando un vero e proprio servizio di collegamento quotidiano tra Venezia e Padova, il Burchiello, un grosso battello ben attrezzato e dotato di ogni comfort, trainato sulle alzaie da cavalli o buoi.
La prima villa che si incontra, imboccando il canale della Laguna, è un ulteriore capolavoro di Palladio: Villa Foscari, detta La Malcontenta. Una leggenda narra che una dama della famiglia Foscari vi sarebbe stata reclusa per infedeltà coniugali; in realtà il nome trae origini dalla località, che, prossima alla laguna, era spesso soggetta ad inondazioni.

Costruita nel 1555 circa, la villa presenta due facciate opposte molto diverse tra loro. Quella sul Brenta colpisce per la monumentalità del pronao, avanzato e rialzato su di un alto
 basamento, mentre quella rivolta alla campagna è fortemente caratterizzata dalla grande finestra termale, che dà luce al salone, e dalle pareti murarie decorate a bugnato. L’interno è decorato da affreschi di Gian Battista Zelotti.
Superata la Malcontenta, lungo la Riviera del Brenta si snoda una meravigliosa fila di Ville, una più affascinante dell’altra, che sembra non finire mai. Nella località di Mira, troviamo la splendida Villa Sceriman Widmann Rezzonico Foscari, realizzata nel ‘700 dal Tirali ed oggi proprietà della Provincia di Venezia.
La Riviera del Brenta culmina a Stra, con la favolosa Villa Pisani, che più che una Villa è una vera e propria reggia. Costruita nella prima metà del ‘700 dalla famiglia del Doge Alvise Pisani, tradisce, nella grandiosità e nell’articolazione scenografica della struttura, finalità principalmente di rappresentanza. Edificata su un progetto di Girolamo Frigimelica, che curò personalmente la costruzione delle scuderie e di altre opere nel giardino, venne ultimata dall’architetto castellano Francesco Maria Preti, che tuttavia rimase fedele al progetto originale. Come una grande reggia, l’impianto conta di 35 spaziose sale, tutte decorate di stucchi ed affreschi dei più importanti artisti del tempo. Sul soffitto del Salone da Ballo, che ha sede nel corpo centrale della Villa, possiamo ammirare il grande affresco con la Gloria della Famiglia Pisani, ultima opera dipinta da Giovann Battista Tiepolo prima di partire per Madrid, luogo da cui non farà più ritorno. Pochi decenni dopo il completamento della costruzione, la Serenissima crollò di fronte all’avanzare delle truppe di Napoleone; quest’ultimo pensò qualche anno dopo, di acquistare la Villa per farne dono al cognato Eugenio Beauharnais, allora viceré d’Italia. Con il Congresso di Vienna, però, la proprietà passò all’Imperatore d’Austria ed infine, nel 1866, al Re d’Italia. I Savoia, vent’anni dopo, la cedettero allo Stato Italiano che, dopo alterne vicende, la dichiarò Monumento Nazionale.